La dieta

Da tempo si parla di possibile influenza delle abitudini sulla formazione di certe forme tumorali. Ma si può parlare di prevenzione attraverso la modifica delle nostre abitudini alimentari?
I comportamenti alimentari giocano un ruolo di primaria importanza nel condizionare il rischio oncologico. Di fatto la causa dei tumori è quasi sempre multifattoriale, ma dieta, fumo e alterazioni genetiche costituiscono senz’altro gli elementi prioritari. Ed è proprio per questo che le corrette abitudini alimentari rappresentano un cardine della prevenzione oncologica.
Ma quale dieta è veramente protettiva e quali tipi di tumore possono essere evitati con una dieta idonea? Noi italiani siamo piuttosto fortunati perchè volendo sintetizare in una parola il modello alimentare ottimale potremmo utilizzare il termine <<dieta mediterranea>>. che prevede meno grassi di origine animale e uso preferenziale dell’olio extravergine di oliva come condimento essenziale. Certo la dieta mediterranea da sola non basta, va affiacata da una limitazione del consumo di bevande alcoliche, di cibi salati e affumicati, all’abolizione del fumo e all’aumento dell’attività fisica, tutto questo consente di prevenire molti tipi di tumore e nello stesso tempo ridurre il rischio di malattie dismetaboliche e cardiovascolari.
Crescente importanza sta assumendo il sovrappeso, poichè il tessuto adiposo rappresenterebbe una significativa sede di sintesi estrogenetica e ben noto è il ruolo che tali ormoni giocano nella dinamica cancerogena mammaria.

Aumentare gli acidi grassi monoinsaturi

Una delle domande fondamentali che ci si pone arrivati oltre la soglia dei cinquant’anni è sicuramente: sarò anch’io tra coloro che soffrono delle cosiddette <<malattie del benessere>>? Potrò fare qualcosa per evitarle? Dal quel momento in poi ci si sottopone a esami del sangue, elettrocardiogrammi, visite mediche; si parla con gli amici di <<trigliceridi >> e << colesterolo >> problemi di cui non ci si era mai occupati prima. Ma tutto ciò serve a qualcosa, oltre a renderci ipocondriaci?
Esistono, delle evidenze scientifiche che una corretta alimentazione nella vita adulta possa prevenire alcune delle malattie principali della terza età.
Tutti gli studi effettuati in proposito concordano nell’indicare nella ipercolesterolemia (aumento dei livelli di colesterolo nel sangue) uno dei fattori di rischio principali dell’arteriosclerosi.
I livelli di colesterolo plasmatico dipendono da diversi fattori più o meno noti; la dieta, tuttavia, gioca un ruolo certamente importante, è dimostrato come una dieta ricca di colesterolo plasmatico, mentre la modifica delle abitudini alimentari, vale a dire la diminuzione del consumo di prodotti di origine animale (ricchi di colesterolo e acidi grassi saturi) e l’ aumento di quello di prodotti di origine vegetale (ricchi di acidi grassi insaturi) provoca una diminuzione dei valori medi di colesterolemia e una drastica diminuzione dell’incidenza di malattie cardiovascolari.
Quale deve essere, allora, il consumo di grassi nella terza èta? Benchè negli anziani il fabbisogno calorico sia ridotto rispetto all’età giovane e adulta, in una dieta bilanciata il 30% – 35% degli alimenti assunti deve essere costituito da grassi; di questi almeno la metà dovrebbe essere rappresentata da acidi grassi mono o polinsaturi (di origine vegetale). Gli effetti negativi di una dieta troppo ricca in grassi saturi di cui si è detto in precedenza sono riscontrabili anche in età geriatrica.

Che consigli dare, dunque, agli anziani?
Chi giunge all’età della pensione in buone condizioni fisiche ha, nel nostro Paese, una aspettativa di vita di parecchi anni.
Attenersi a una dieta a più elevato contenuto di grassi di origine vegetale è certo una delle indicazioni tra le più semplici e, tutto sommato, piacevoli per vivere meglio e più a lungo .
Ricordavo prima che la vita media degli italiani è relativamente lunga anche paragonata ad altri paesi della civiltà del benessere.
Tutti sappiamo come sia complesso, e spesso controproducente, modificare le abitudini di una persona molto anziana, tanto più che gli effetti benefici di un cambiamento nella dieta si vedrebbero a distanza di anni.
Il consiglio è quindi di mantenere le abitudini acquisite nel corso della vita giovane/ adulta. Gli italiani hanno la fortuna di vivere in un Paese in cui predomina da sempre la cultura dell’olio extravergine d’oliva, per cui l’abitudine coincide spesso con le più corrette prescrizioni dietetiche.

Le regole per stare bene

1. Rivalutate la tavola come punto di incontro e anche come intervallo distensivo.
2. Date la preferenza al pane preparato con i soli ingredienti fondamentali.
3. Consumate la pasta come primo piattto: 80g pasta forniscono solo 285 calorie. Nel condirla, date la preferenza al sugo di pomodoro e all’olio extravergine di oliva. La pasta va cotta << al dente >>: in tal modo il suo valore nutritivo viene conservato e il senso di sazietà è più prolungato.
4. Utilizzate la pasta (o se volete anche il riso) come base per la preparazione di piatti di elevato valore nutritivo e grande economicità.
5. Ripescate dalla tradizione i piatti di pasta con legumi (fagioli, ceci, lenticchie ecc…) che sono un ottimo piatto unico.
6. Tra i grassi di condimento preferite l’olio extravergine di oliva: ha sapore più pieno e quindi  superiore potere di condimento ed è anche il più sicuro per le fritture.
7. Fate ricorso ai prodotti ortofrutticoli alternando quelli ricchi di vitamina A (carote, zucche, radicchio, albicocche, meloni ecc…) con quelli ricchi di vitamina C (agrumi, fragole, pomodori, peperoni, broccoletti ecc… ) cuocendoli nella minore quantità di acqua possibile.
8. Consumate pesce e in particolare pesce azzurro (sarde, alici, sgombri, tonno) che allo spiccato  gusto unisce un notevole potere nutritivo.
9. Consumate almeno 45g di fibra al giorno, sia quella contenuta nei cereali integrali,sia quella delle verdure.
10. Un bicchiere di vino durante i pasti principali, oltre che complementare il gusto, migliora il processo digestivo, stimolando la produzione di succhi gastrici.

Il metabolismo

Al termine dei processi di digestione a assorbimento ,il nostro organismo ha aquisito i nutrienti che gli servono; questo POOL METABOLICO che comprende anche le sostanze che l’organismo produce incessantemente, fornisce alle cellule il necesario per compiere le specifiche funzioni .Ogni volta che si introducono nutrienti, si << turba >> in qualche modo l’equilibrio che regna tra i vari componenti del pool metabolico (detto OMEOSTASI), equilibrio che l’organismo cerca sempre di ricostituire. L’invio alle cellule della quantità di nutrienti che è loro necessaria avviene attraverso segnali del sistema nervoso e sostanze emesse dalle ghiandole endocrine: si può paragonare questo sistema di coordinamento delle attività metaboliche dell’organismo a una regolazione del traffico attraverso segnali codificati. Se, ad esempio, il musculo è sottoposto a uno sforzo violento e di breve durata richiederà glucosio, mentre nel lavoro di lunga durata attinge energia prevalentemente dagli acidi grassi.
Quando mangiamo facciamo rifornimento di energia; quella degli alimenti però, per essere utilizzata
da tutte le cellule del nostro corpo deve essere trasformata in una molecola di ATP (adenosintrifosfato). Questa molecola è stata paragonata a << una moneta a libero corso che si
può spendere per pagare qualsiasi tipo di lavoro biologico >>, quello chimico per costruire
nuove molecole; quello meccanico, ad esempio la contrazione dei muscoli; quello di transporto, ad esempio dell’ impulso nervoso. Ogni volta che si fa lavoro biologico avviene una trasformazione energetica, con contemporanea perdita di parte di energia sotto forma di calore come nella sudorazione. Consideriamo l’ attività fisica: ovviamente, tra una passeggiata a piedi nei boschi e una gara di nuoto esistono differenze di consumo energetico notevoli, non solo quantitativo ma anche qualitativo. A seconda infatti del tipo di sport praticato, la fonte energetica e il << carburante >> utilizzato variano: a ogni contrazione muscolare, infatti, si attinge alle molecole di ATP e di fosfocreatina (CP) che vanno continuamente riformate e sintetizzate .Ciò avviene in processi aerobici e anaerobici.
Nel METABOLISMO AEROBICO l’organismo utilizza l’ossigeno atmosferico per bruciare i nutrienti: la qualita’ di energia prodotta dipende sia dalla qualita’ e quantità dei nutrienti introdotti con la dieta, sia dalla quantità di ossigeno distribuito dall’apparato respiratorio e dal sistema sanguigno; in questo caso il << carburante >> è costituito dal glicogeno che sta nei musculi e dagli acidi grassi che il sangue trasporta prelevandoli dai tessuti adiposi.
Le reazioni ANAROBICHE avvengono invece in assenza di ossigeno: l’unico carburante sono gli zuccheri, che hanno però un rendimento minore rispetto al processo aerobico e bruciando lasciano una scoria, l’acido lattico, che richiede energia per essere eliminata e il cui accumulo può causare crampi muscolari.
In tutte le attività dove l’apporto di ossigeno è regolare e sufficiente l’energia muscolare proviene dunque da processi aerobici; quando però si richiede uno sforzo intenso e brevissimo il nostro corpo attinge alle riserve di ATP e CP. A seconda del dispendio energetico e del metabolismo impiegato le ATTIVITA’ SPORTIVE vengono classificate in sei categorie. Gli sportivi dovranno quindi adeguare il fabbisogno calorico e il livello minimo di carboidrati, grassi e proteine al tipo di sforzo musculare, alla sua intensità, alla durata dell’ attività, alle condizioni climatiche esterne, al peso coporeo, alla massa adiposa, alla forma psico-fisica.